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Le nuances del food #2

Odio e t’amo, il rapporto dell’essere umano con il cibo

L’umanità ha sempre avuto il bisogno di cibarsi per vivere, o meglio nella storia arcaica per sopravvivere! E lo faceva in movimento, cacciando, rincorrendo animali o arrampicandosi per prendere i frutti. Oggi per la stragrande maggioranza, l’azione di “cibarsi” è limitata al più delle volte a trascinare il pollice sullo schermo del proprio dispositivo cellulare e con un’attesa massima di mezzora, (senza l’impiego di grandi sforzi) riceve il proprio pasto direttamente a casa. L’accrescimento dei lavori e delle abitudini sedentarie, si sa che ha portato un incremento di problemi di salute fisica e (anche se ancora molto sottovalutati) di salute psicologica. Partendo dalla moda che ha portato a far credere in “perfezione” degli stereotipi inaccessibili per certi metabolismi, arrivando all’assuefazione che creano gli zuccheri, l’essere umano è diventato “schiavo” di un rapporto che dall’essere “genuino” (perché dopo le carestie delle due grandi guerre, i nostri nonni avevano fame di gusto) è arrivato a essere intossicato dalle troppe aspettative che questa società ha sul singolo, inducendolo a “valvole di sfogo” sempre più accessibili, da qui oggi si parla di comfort food.
Comfort food (detto anche “cibo per l’anima”), si definisce tutto quello che ingeriamo per placare quei vuoti dati dagli agenti esterni (o interni) che intaccano la persona sotto l’aspetto emotivo e non per “fame”. In questo articolo vorrei riportare dei concetti che possono sensibilizzare. La Prof.ssa Grazia Aloi suppone che il rapporto con il cibo sia lo specchio di come potrebbe essere il rapporto di noi con gli altri, la stessa spiega meglio:
Mangiare significa - inconsciamente per chiunque - l'atto del 'metter dentro', dell'incorporare ('cibo'), cibo tra parentesi e tra virgolette perché cibo è tutto, e, di conseguenza, è il 'permesso' che ognuno (si) dà di entrare/far entrare dentro di sé, o cibo consolatorio o cibo per l'anima, ha effetto sull'umore nella misura in cui l'umore ha bisogno di essere confortato, consolato e al di là dei cibi serotoninergici (ossia in grado di scaturire attivazione di serotonina, ormone del benessere, quali il cioccolato) ogni cibo è confortevole per chi lo consideri tale.” Leggi l’articolo completo qui https://www.paginemediche.it/medici-online/interviste/il-significato-del-mangiare Prof.ssa Grazia Aloi che porta a visualizzare il rapporto che abbiamo noi con gli altri, di cosa vogliamo e cosa prendiamo dalle persone e a seconda di quello che vediamo, possiamo correlare il nostro rapporto con il cibo.
È utile parlare di emotional eating intendendo la “propensione a mangiare in risposta a particolari emozioni”. La parola, contrariamente a quanto si pensa, include anche il mangiare in seguito a emozioni positive, come quando ci viene voglia di festeggiare una notizia con un bel gelato o celebrare un evento positivo con un pasto particolare. Nel gergo comune però, emotional eating indica più nello specifico quel fenomeno per cui si tende a sfogare nel cibo una sensazione negativa che non si riesce a gestire altrimenti. Se riscontri spesso la necessità di ricorrere al conforto con il cibo, ti possono essere utili alcuni consigli che vengono scritti in questo articolo https://caterinacellai.it/tra-camice-e-grembiule/emotional-eating-quando-il-cibo-e-nella-testa/
dalla Dott.ssa Caterina Cellai. 

Buona riflessione!
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